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I "banchi" nominati nel titolo di questo racconto in versi (un modello già sperimentato da Silvio Ramat in "Mia madre un secolo", Marsilio 2002) sono i banchi dove dapprima siede il bambino che sta imparando a leggere e a scrivere, quindi l'alunno delle elementari e delle medie, poi ancora lo studente universitario e infine il professore (fatale, drammatico passaggio "dall'altra parte"). Fra gli estremi cronologici dichiarati del racconto (1944-1968) si fanno spazio anche insigni personaggi della cultura italiana: i maestri di Ramat, consapevole che è stata per lui una fortuna l'aver vissuto vent'anni in una Firenze illuminata dalla luce delle sue tradizioni più alte.